Premessa sul rapporto tra deontologia e web
In questo articolo parleremo del rapporto tra marketing e deontologia, in modo particolare l’online marketing ed il rapporto tra la professione forense ed il web in senso lato, facendo particolare riferimento a quelle che sono le norme vigenti in materia.
Fino a qualche anno fa parlare di marketing ad un avvocato significava fargli rizzare i capelli sulla testa: quando mi sono abilitato io nel 2006 si cominciavano ad intravedere i primi spiragli che poi piano piano con il tempo si sarebbero sempre più ampliati, le maglie della rete si sarebbero sempre più aperte a favore di una progressiva emancipazione e soprattutto ad un progressivo “sdoganamento” del concetto di marketing per la professione legale.
Deontologia e web: i riferimenti normativi
Per presentarsi correttamente sul web, comunque, ancora oggi bisogna partire dal codice deontologico forense che rimane il faro della navigazione per l’avvocato che si vuole cimentare con il web, ed in modo particolare gli articoli 17 e 35. Articoli – questi – profondamente cambiati rispetto all’epoca in cui mi sono abilitato io (il 2006) quando i margini di manovra erano pressochè nulli (proprio di quell’anno infatti è il decreto Bersani). Nel tempo, infatti, si sono succeduti tutta una serie di provvedimenti di varia fonte che, come dicevamo prima hanno progressivamente ampliato le maglie inizialmente molto ristrette del codice deontologico in materia di online marketing. Ricordiamo a tal proposito la direttiva europea Bolkenstein, in materia di libertà di stabilimento, quindi come dicevo prima il decreto Bersani del 2006 ed infine l’intervento dell’Antitrust, tutti fattori che – ripeto – hanno portato ad un progressivo ampliamento delle maglie del codice deontologico. In origine, infatti, era possibile soltanto dotarsi di un sito Internet dello studio legale (e si veniva pure convocati dal Consiglio dell’Ordine per una audizione), ma in virtù di tutti i precedenti interventi le possibilità si sono ampliate fino a ricomprendere anche le pagine social ed i profili social.
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Il fatto che si siano ampliate le maglie del codice deontologico non significa però che oggi sia possibile fare tutto e il contrario di tutto dal momento che comunque sussistono ancora dei ben precisi paletti che delimitano il confine tra lecito ed illecito. Ciò che vale per il mondo offline, se così lo vogliamo chiamare, deve valere anche per il mondo online e per il futuro (e qui ci riferiamo al Metaverso).
Immagine tratta dal profilo Instagram dc_legalshow
Il che significa che qualunque attività promozionale deve essere svolta sempre nel rispetto del decoro e della dignità della professione come più e più volte definiti dal Consiglio Nazionale Forense con le sue numerose sentenze sull’argomento. Probabilmente proprio per motivi riconducibili all’articolo 35 l’account Instagram di due giovani avvocatesse appartenenti all’ordine degli avvocati di Torino è stato oggetto recentemente di indagine da parte del rispettivo C.O.A. (questo il link ad un articolo che ha riportato la notizia).
Ovviamente la comunicazione deve avvenire anche nel rispetto dei principi di verità, correttezza, trasparenza, segretezza, riservatezza.
Deontologia forense: “questa sconosciuta” per le altre web agencies
Invero dalla disamina di numerosi siti online dei colleghi spesso e volentieri si trovano delle infrazioni a questi principi dettate dal fatto che molto spesso le web Agency che si occupano di predisporre il sito web non conoscendo la deontologia professionale degli avvocati chiaramente commettono delle infrazioni perché equiparano ad esempio le informazioni che possono fornire in relazione ad un sito web legale con quelle che possono fornire per qualunque altra categoria che non ha gli stessi obblighi a livello professionale: penso ad esempio alla comunicazione di marketing per prodotti e servizi non sottoposti ad una disciplina deontologica; infatti fare un sito web ad un idraulico non è certo la stessa cosa che fare un sito web ad un avvocato di questo ne converrai. Diamo per scontato che la comunicazione online non debba essere comparativa, quindi non si debbono mettere in competizione due o più studi legali o anche il proprio studio legale con tutti gli altri studi legali: affermazioni del tipo “il più esperto studio legale su piazza”, ovvero “scelto da oltre 500 affezionati clienti” sono espressioni assolutamente off-limits; in particolare la seconda è molto borderline in quanto piuttosto suggestiva, e per questo vietata dal codice deontologico. Infatti oltre al divieto di informazioni suggestive il codice annovera anche le informazioni equivoche come potrebbe essere l’affermazione “studio molto quotato in ambito tributario“; parimenti le affermazioni denigratorie non dovrebbero trovar posto così come le informazioni con riferimenti a titoli, funzioni, incarichi non inerenti l’attività professionale.
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Deontologia e web: cosa inserire sul sito
Al tempo stesso alcune informazioni debbono essere obbligatoriamente indicate come il titolo professionale, la denominazione dello studio, l’ordine di appartenenza e non sempre questo è specificato, in quanto oggi su Internet è possibile contattare un avvocato di qualunque parte d’Italia che può, a sua volta, appartenere a qualunque ordine degli avvocati d’Italia; quindi questa è un’informazione che spesso e volentieri viene omessa dando sempre per scontato che l’utente sappia quale sia l’ordine di appartenenza.
Un errore gravissimo che vediamo commettere regolarmente dai colleghi avvocati che si dotano di un sito web poi e l’indicazione del nominativo dei propri clienti o delle parti assistite e a niente vale il fatto che questi ultimi vi consentano. Quando andiamo a rifare i siti degli studi legali molto spesso e volentieri ci troviamo di fronte a questo tipo di situazioni, assolutamente disdicevoli e rischiose per il cliente, situazioni frequentemente frutto di una logica commerciale propria di chi ha realizzato il sito web cioè di web agencies che non hanno la minima consapevolezza di che tipo di prodotto stanno realizzando e per quale tipo e categoria di cliente e di mercato (a differenza di Maven Web che è specializzata in questa nicchia del marketing legale) abituate magari a realizzare solo degli e-commerce o siti vetrina per gli artigiani. Così inseriscono senza pensarci un attimo la classica sezione “dicono di noi” con l’indicazione appunto di nome, cognome e logo del cliente 🤦♂️. Altro discorso invece se le attività sono poste in essere direttamente dal cliente dell’avvocato in luoghi deputati al rilascio di recensioni come possono essere:
- le schede Google my business
- i commenti di varia natura sul sito o sul blog
- ovvero su Instagram
attività queste non imputabili direttamente al professionista che non può essere certo ritenuto responsabile del fatto altrui.
Appartengono poi ad una zona grigia quelle situazioni in cui si riportano – magari con la puntatura delle iniziali – i testi scritti aliunde vale a dire su Google my business o Facebook senza fare un esplicito riferimento all’identità del testimonial.
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Deontologia e web: la casistica del C.N.F.
Bene a questo punto possiamo passare alla disamina di tutta una serie di pronunce del consiglio nazionale forense che serviranno a chiarire i concetti finora espressi sulla carta.
La prima sentenza che andremo ad esaminare è la n. 349/2016 C.N.F. la cui massima recita «è illecito un box pubblicitario in un quotidiano, con evidenza riservata in via pressoché́ esclusiva e palesemente suggestiva al costo della prestazione offerta verso un corrispettivo, invariabile e modesto, prefissato a forfait» ed inoltre la stessa sentenza afferma che «è illecito indicare, all’interno del proprio sito web, i nominativi di altri colleghi e studi professionali senza averne avuto autorizzazione.»
Un’altra sentenza del C.N.F. la n. 391/2016 afferma che «l’adesione a un network telematico di professionisti che rappresenti una realtà non veritiera ed auto elogiativa è illegittima».
Ancora, la sentenza del C.N.F. n. 390/2016 statuisce che «è illecita un’email diretta a un potenziale cliente – coinvolto in fatti mediaticamente rilevanti – con la quale si offre assistenza legale gratuita».
In tema di anticipo delle spese legali la recente pronuncia n. 65 del 13 maggio 2022 da parte del C.N.F. ha statuito che: «costituisce illecito deontologico il comportamento dell’avvocato che, al fine di acquisire potenziali clienti, “pubblicizzi” il proprio studio legale mediante l’offerta di assistenza legale a “zero spese di anticipo”, trattandosi di informazione non ispirata al rispetto dei doveri di dignità e decoro e comunque contraria alle prescrizioni normative (artt. 17 e 35 cdf), anche in violazione del divieto di accaparramento di clientela (art. 37 cdf).». Una sentenza questa, che si colloca nel solco di precedenti pronunce come la n. 75/2021 C.N.F. che ha affermato appunto che «la pubblicità mediante la quale il professionista con il fine di condizionare la scelta dei potenziali clienti, e senza adeguati requisiti informativi, offra prestazioni professionali, viola le prescrizioni normative, nel momento in cui il messaggio è redatto con modalità attrattive della clientela operate con mezzi suggestivi ed incompatibili con la dignità e con il decoro, quale l’uso del termine “gratuito” (Nel caso di specie, il professionista pubblicava nel proprio sito internet un annuncio nel quale reclamizzava la propria attività ed evidenziava i prezzi bassi, precisi e chiari, primi appuntamenti gratuiti nonché l’applicazione di tariffe basse e riscossione degli onorari a definizione delle pratiche).» (tra le altre n. 23 del 2019, , 118/2015, 148/2019 e 23/2019, 349/2016, 142/2015).
Poco prima abbiamo citato il divieto di utilizzare affermazioni denigratorie e sul punto una recente pronuncia del C.N.F. la n. 65/2022 ha stabilito che «costituisce illecito deontologico il comportamento dell’avvocato che, al fine di acquisire potenziali clienti, “pubblicizzi” il proprio studio legale mediante l’immagine, pubblicata nei social media nonché all’esterno dei principali ospedali della città, raffigurante un medico ammanettato a corredo dell’offerta di prestazioni legali a tutela dell’ammalato, in quanto comportamento contrario ai principi generali di correttezza, probità, dignità, decoro (art. 9 c.d.f.), nonchè al dovere di fornire un’informazione corretta, non denigratoria, né suggestiva (artt. 17 co 2 e 35 co 2 c.d.f.). (Nel caso di specie, in applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione per mesi due).»
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Con la sentenza n. 243 del 2017 il C.N.F. delimita un recinto operativo per quanto concerne la pubblicizzazione dei prezzi delle proprie prestazioni da parte degli avvocati: «a seguito dell’evoluzione normativa “liberalizzatrice” (iniziata con il D.L. n. 248/2006, proseguita con l’art. 10 L. n. 247/2012 e culminata con l’art. 35 del Nuovo Codice Deontologico), l’avvocato può dare informazioni sulla propria attività professionale “con qualunque mezzo”, nel rispetto dei limiti della trasparenza, verità, correttezza e purché l’informazione stessa non sia comparativa, ingannevole, denigratoria o suggestiva. Conseguentemente, non può (più) considerarsi contrario al decoro ed alla correttezza un messaggio pubblicitario, che contenga tutti gli elementi richiesti dalla predetta disciplina deontologica, sol perché enfatizzi il corrispettivo -se congruo e proporzionato-, il quale infatti costituisce un elemento contrattuale di interesse primario per il cliente e, quindi, un elemento fondamentale per un’informazione pubblicitaria professionale corretta e completa (Nel caso di specie, l’incolpato era stato sanzionato dal consiglio territoriale di appartenenza per aver offerto tramite internet “separazioni e divorzi contrattuali con accordo già raggiunto da euro 800,00”. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha annullato la sanzione).»
Nella sentenza n. 49 del 2017 il C.N.F. spiega invece che cosa rappresenta pubblicità comparativa ed autocelebrativa e – conseguentemente – cosa non va fatto: «l’informazione sull’attività professionale, ai sensi degli artt. 17 e 35 ncdf (già 17 e 17 bis cod. deont. previgente) deve essere rispettosa della dignità e del decoro professionale e quindi di tipo semplicemente conoscitivo, potendo il professionista provvedere alla sola indicazione delle attività prevalenti o del proprio curriculum, ma non deve essere mai né comparativa né autocelebrativa (Nel caso di specie, in una pagina del proprio sito web, il professionista si definiva “specialista assoluto”, enfatizzando altresì le proprie doti professionali, implicitamente negate alla parte restante della categoria professionale).». Una sentenza questa che conferma la n. 194/2014 C.N.F. che recita «L’informazione sull’attività professionale, ai sensi degli artt. 17 e 17 bis cod. deont. (ora, 17 e 35 ncdf), deve essere rispettosa della dignità e del decoro professionale e quindi di tipo semplicemente conoscitivo, potendo il professionista provvedere alla sola indicazione delle attività prevalenti o del proprio curriculum, ma non deve essere mai né comparativa né autocelebrativa (Nel caso di specie, in una pagina del proprio sito web, il professionista dichiarava di distinguersi dagli altri avvocati, “troppo spesso apparsi azzeccagarbugli”).». Ed ancora «L’informazione sull’attività professionale, ai sensi degli artt. 17 e 17 bis cod. deont., deve essere rispettosa della dignità e del decoro professionale e quindi di tipo semplicemente conoscitivo, potendo il professionista provvedere alla sola indicazione delle attività prevalenti o del proprio curriculum, ma non deve essere mai né comparativa né autocelebrativa (Nel caso di specie, in una pagina del proprio sito web, il professionista dichiarava di occuparsi di una “materia delicatissima e complessa che esige grande esperienza e competenza, particolare intuito, lucidità e serenità di giudizio, capacità di strategie, abilità tattiche”).» – sentenza n. 152/2012 C.N.F.
Deontologia e web: pubblicità push vs pubblicità pull
Terminiamo questa carrellata rilevando che tutte queste sentenze sono riferite a pubblicità di tipo push, vale a dire forme di pubblicità paragonabili agli spot promozionali che possiamo vedere in tv. In questi casi, infatti, l’informazione e la “propaganda” (passami il termine) viene sparata contro l’utente finale. Qui è il professionista in buona sostanza ad andare a cercare di intercettare i clienti attraverso specifici messaggi «pubblicitari». Ciò che invece noi di Maven Web vogliamo far capire ai nostri clienti ed utenti è che la forma più efficace di pubblicità è quella di tipo pull vale a dire con la quale si attraggono potenziali clienti interessati agli argomenti oggetto della nostra specializzazione e delle nostre competenze. Più o meno ciò che un tempo avveniva pubblicando articoli su riviste cartacee di diritto ma anche destinate al pubblico, con le ospitate in televisione, oppure articoli su quotidiani e riviste del tipo «l’avvocato risponde». Tutto questo oggi è possibile grazie ad Internet semplicemente coltivando un blog con il quale si mettono in evidenza le proprie competenze, abilità, ed esperienze, trattando sempre argomenti diversi inerenti al proprio ambito di lavoro ed alle materie trattate. In questo modo saranno i potenziali clienti e gli utenti interessati agli argomenti trattati nel blog ad essere intercettati ed attratti da quei contenuti che faranno da calamita per i loro interessi tramite le ricerche sui motori di ricerca e faranno sì che tu possa ammantarti di un’aura di competenza ed autorevolezza il che, tra l’altro, consentirà non solo di dimostrare la tua specializzazione ma anche di far valere una tariffa oraria più elevata o più in generale una prestazione di livello superiore anche in termini economici rispetto a quella degli altri professionisti. Inutile dire che questo tipo di marketing non è assolutamente in conflitto con il codice deontologico forense in quanto far sfoggio di sapienza mai e poi mai è stato motivo censura in quanto rispettoso di tutti i canoni del codice deontologico forense. Abbiamo parlato di articoli del blog in quanto è il tipo di contenuto più frequente, ma potremmo annoverare anche:
- scritti accademici
- case studies
- post sui social
- la pubblicazione di un ebook
- webinar online
- video di lezioni universitarie
- apparizioni sui media (video o articoli)
- un tuo canale youtube nel quale trattare delle materie di cui si occupa il proprio studio.
- un podcast (e noi di Maven Web possiamo darti importanti suggerimenti)
NOI DI MAVEN WEB ABBIAMO UNA RISPOSTA PER OGNI TUA PERPLESSITA'
In questi anni abbiamo parlato con decine, centinaia di colleghi ed ognuno ci ha rappresentato situazioni ed esigenze sempre diverse e noi di Maven Web siamo sempre stati in grado di venire loro incontro fornendo sempre risposte e soluzioni all’altezza. Il tutto sempre partendo da una consulenza gratuita e da una ricognizione dell’immagine del professionista sul web. E tu non hai neanche una domanda che ti frulla nella testa? Bene questo è il momento di ottenere una risposta da chi veramente questa risposta ce l’ha! Contattaci subito!
Deontologia e web: considerazioni finali
Insomma, finalmente qualunque professionista può godere di quella ribalta un tempo riservata ai soli penalisti a fronte di incarichi difensivi di grande rilevanza mediatica.
Con questa considerazione finale abbiamo terminato la nostra breve disamina sul marketing per avvocati in armonia con il codice deontologico forense.
Cosa ne pensi? Eri al corrente di questi risvolti? Hai mai commesso qualche leggerezza rispetto a ciò di cui abbiamo discusso? Eri a conoscenza di queste forme di pubblicità legali per un avvocato? Rispondici attraverso i commenti in fondo a questo articolo, ci fa sempre molto piacere interagire con i nostri lettori e fornire loro delle risposte.
Ti invitiamo a fare attenzione alla casella di posta elettronica per continuare a rimanere aggiornato con la nostra newsletter in tema di professione forense e mondo digitale.
Non ci resta quindi che salutarci.
A presto da Yuri di Maven Web Agency!
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Come avrai capito Maven Web non è la solita web agency: siamo una realtà di nicchia focalizzata sui servizi agli avvocati perchè anche noi lo siamo stati e ne conosciamo le esigenze. Prendiamoci un caffè virtuale insieme cosicchè anche tu possa capire perchè tanti colleghi come l’avv. Ciani e l’avv. Quaranta ci hanno scelto. Compila il modulo di contatto senza alcun impegno !
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